Via Lepsius

pagine di Antonio Devicienti: concatenazioni, connessioni, attraversamenti, visioni

Mese: giugno, 2014

Canzone per Blu

a Christian Tito, alla sua amicizia nei confronti di Via Lepsius

 

blu al FAME di Grottaglie

Un’opera di denuncia e di protesta contro l’ILVA che BLU ha realizzato a Grottaglie in occasione del Festival di Street Art: un grazie a Christian che, poco tempo addietro, mi ha fatto conoscere quest’immagine.

 

È la mente l’epicentro della rivolta
quand’essa rifiuta d’essere serva.

Prendo allora i pensieri tra le mani
e ne pitturo i muri.

Vengo con te stanotte
a scorticare l’enorme pescecane
che si rimpinza di euro e di teste umane.

Su ogni muro un’idea
in ogni testa l’urlo della rivolta.

Mille buste piene di colore
fioriranno da Bologna a Gaza

e mille barattoli di tempere
dal Messico a Niscemi

Sai parlare graffitaro? (mi dici come in sogno)
Allora prendi con te la tua scrittura
e stendila sui muri della terra.

 

money shark barcelona

Lo squalo di BLU a Barcellona

niscemi

Una delle realizzazioni di BLU a Niscemi contro il MUOS

 

 

 

 

poetica

Ancora Reiner Kunze; durante il mio più recente viaggio in Germania ho acquistato il volumetto edito dalla straordinaria e storica Casa editrice Fischer rilegato in tela azzurrina che raccoglie le poesie edite fino al 2001 e non so più staccarmene (l’ho trovato, tra l’altro, in un bianco e luminoso atelier con le finestre affacciate sul porto di Tönning sul Mare del Nord dove ho visto incisioni e stampe opere di un’artista con la quale ho a lungo parlato proprio di Kunze e di poesia); anche stavolta la lirica è dedicata ad un poeta polacco, a sua volta studioso e traduttore di poeti tedeschi: ancora un ponte tra le lingue e tra le culture. Ho tradotto gedicht con poema pensando al poème nel senso di Char, dunque anche breve testo in versi, ma vasto e denso come un poema epico.

 

Reiner_Kunze,_Gedichte_2001

 

 

POETIK

Für Jakub Ekier

So viele antworten gibt’s,
doch wir wissen nicht zu fragen
 
Das gedicht
ist der blindenstock des dichters
 
Mit ihm berührt er die dinge,
um sie zu erkennen

           (da ein tag auf dieser erde)

 

fischerverlag

Il logo del Fischer Verlag: pescare con intatta passione dal gran mare della letteratura.

 

 

POETICA
Per Jakub Ekier
 

Così tante risposte ci sono,
ma non sappiamo domandare
 
Il poema
è il bastone da cieco del poeta
 
Con il quale egli sfiora le cose
per riconoscerle

 
 
 

Concatenazioni 5: non-luoghi.

bologna tangenziale

Luigi Ghirri: Bologna, Tangenziale (1985).

1. Palazzine di cemento, gli orli dei balconi già sbreccati, stentatissimi alberelli assediati dalle cartacce nello pseudoviale. L’insegna pencolante di uno spaccio di generi alimentari chiuso da anni.

2. I viaggiatori in transito vanno a mangiare panini tra la recinzione semidivelta e i camion parcheggiati, bollenti di nafta e morchia.
Pochi centesimi nel piattino per la signora che tiene pulita la toilette.
Odore di fritto stantio dallo sfiatatoio del ristorante. L’autostrada lancia nel cielo bassissimo il grugnito dei motori.

3. Dei parcheggi multipiano: la luce sporca delle lampade perennemente accese dietro le loro griglie di metallo, la luce sporcata dal grigio del cemento, imperatore qui in questa provincia del sonno addensato nei motori e negli abitacoli vuoti, tutto è cemento a vista, segnato dalle spatole che l’hanno lavorato: le rampe che s’avvolgono su se stesse, i pilastri, i soffitti bassissimi percorsi dalle tubature antincendio.
Ossessivo il ripetersi dei cartelli di divieto.

4. Malinconia delle cose che giacciono dietro gli edifici: le grandi scatole dentro cui girano le ventole degli areatori del reparto di geriatria e i bidoni allineati per la raccolta differenziata; i nastri svolazzanti bianch’e rossi che vorrebbero impedire l’avvicinarsi alla scala antincendio mezzo divelta sul retro dell’edificio scolastico; il materasso sventrato e la sedia senza schienale, l’armadietto dall’anta sfondata e la bombola del gas esaurita che, da mesi, addossati nell’angolo del cortile posteriore del condominio, attendono di essere portati via, non ancora pietosamente sottratti a questo status di oggetti consunti ed espulsi dall’uso.

 

bologna via stalingrado 1985

Luigi Ghirri: Bologna, Via Stalingrado (1985).

 

5. Era solenne ed elegante l’atrio della stazione viaggiatori quando sulla linea ferrata transitavano i treni internazionali.
Ora non più: due convogli del trasporto locale al giorno.
I sedili di legno rimangono vuoti, le vetrate fattesi opache per la polvere mineralizzatasi nel tempo. Solitaria, ansante di tre o quattro lucine intermittenti, unico vivente il distributore automatico di bevande.
Vive l’anziana pazza, carica di buste di plastica colme di cianfrusaglie, accoccolata accanto al termosifone spento? Vive la mosca che testarda ronza contro la vetrata e non sa uscire da quest’immenso ipogeo? Forse in questo luogo vita è assenza, giacere in se stesse delle pareti e delle vetrate ancora leziose dentro le strutture art nouveau di ferro battuto.

6. il sole si è abbassato sotto l’orizzonte alla profondità di circa 6 gradi.

che noi chiamiamo crepuscolo civile (Marco Giovenale : In rebus).

7. I tir enormi mezzo infilati (in retromarcia) nel magazzino dell’ipermercato. Trasfusione delle merci da ventre a ventre, il primo su ruote che rullano ininterrotte la pelle della terra, il secondo di prefabbricate pareti, andirivieni dei muletti di carico e scarico. Introibo prima della cerimonia solenne (le merci ordinate sugli scaffali illuminati, offertorium per la vendita).

8. Le barene erose, i becchi delle gru-escavatrici fermi nell’aria (è domenica d’ipermercati aperti). Poco oltre le villette, ineccepibilmente eguali, un metro quadrato di prato davanti ad ognuna di esse. Un barbecue fuma.

 

deseerto rosso

Un fermo immagine dal “Deserto rosso” di Michelangelo Antonioni.

 

9. Mandate a dire all’Imperatore che felicità è un pesco proteso al fiume;
mandate a dire all’Imperatore che luogo è là dove radica la memoria.

10. L’ininterrotta sequenza del guard-rail. Non si posa l’occhio su nessuna ruga di quella lamiera (non ne ha il tempo), su nessuna fessurazione, non vede l’occhio la ruggine che cola tra bullone e paletto. Lattine vuote e cerchioni smarriti, erba clandestina.
Se arrivano uomini in tuta arancione per la manutenzione nulla cambia nell’indifferenza riservata all’oggetto guard-rail. Milioni i chilometri di guard-rail su tutto il pianeta.

11. I vecchi paracarri di pietra, quelli su cui si sedeva tranquillo Manuel Fangio a veder passare le auto in gara (aveva distrutto la sua arrischiando un sorpasso in curva).
Non ce ne rendiamo mai conto: l’accumulo del capitale ci fagocita e surclassa: tempi eroici dell’automobile, quelli, ma era già in atto la transizione: strade alberate sarebbero state presto desertificate di quegli esseri sublimi, allargate e ricoperte di stese d’asfalto ch’isteriliscono la terra, offerte all’arroganza dei tir.
Le epiche gare soltanto paravento ed esperimento per la campagna di conquista imminente.

12. Edotto dei luoghi di transito (stazioni, corridoi negli aeroporti, palazzi amministrativi) Austerlitz esiste nella parola, nel suo raccontarsi. “Dice Austerlitz”: splendore di un raccontare anche ciò che i più non vedono, felicità del dire, del dirsi.

13. Quando Ai Weiwei posta sul suo blog le migliaia di foto a documentare la trasformazione di Pechino in nonluogo traccia lungo le rotte incontabili del web il grido di ribellione contro la barbarie politico-affaristica.
Quando monta mappe della Cina con legni recuperati dagli antichi templi distrutti sbeffeggia la modernità senza memoria.

 

 

deserto rosso 2

“Il deserto rosso”

 

 

 

 

Un’altra traduzione da Reiner Kunze

La laconicità della poesia di Reiner Kunze possiede una pregnanza rara: quello che segue è l’omaggio commosso a chi visse l’arte con amore totale.

 

 

WLADIMIR HOROWITZ SPIELT IN WIEN

ZUM LETZTEN MAL MOZART

 

Er war ihm näher schon als uns

und war gekommen, ihm zurückzugeben,

was er von ihm geliehn fürs leben,

und spielte es hinüber in die stille ihm

mit einem fingerschweben

 

Bis uns die handgelenke schmerzten

warfen wir am ende ihm

vom diesseits zu
 
(da ein tag auf dieser erde, 1998)

 

 

the million dollar hotel film still 2000

un fermo immagine dal film “The million dollar hotel” di Wim Wenders

 

 

WLADIMIR HOROWITZ SUONA A VIENNA

PER L’ULTIMA VOLTA MOZART
 

Era più vicino a lui che a noi

ed era venuto per restituirgli

ciò che gli aveva preso in prestito per tutta una vita

e glielo rese suonando in direzione di quella quiete

con un librarsi delle dita

 

Fino al dolorare delle mani

gli lanciammo alla fine

dall’aldiquà un applauso

 
 

Il 4 giugno Via Lepsius sta con Erri De Luca

 

 

 

in alto a sinistra3

La mia copia (abbastanza sgualcita) di “in alto a sinistra”, UE Feltrinelli, 1995.

 

in alto a sinistra

da “in alto a sinistra”, pagg. 124 e 125.

 

 

in alto a sinistra2

sempre da “in alto a sinistra”, pagg. 126 e 127.