Intorno al tema della gratuità
Non riuscendo a staccare il pensiero dal ricordo di Gianmario Lucini, cerco un po’ di consolazione (sì, lo ammetto: in questi momenti ho bisogno di consolazione) nella poesia dei poeti a me più cari. Uno degli approdi è Le ragioni dell’acqua di Ilaria Seclì dove leggo il post più recente e per il quale sento l’urgenza di scrivere un commento nel cui contesto, tra l’altro, ringrazio l’autrice che mette a disposizione dei lettori, in maniera puramente gratuita, la sua alta poesia; Ilaria mi risponde in questi termini: “Non ci resta che la gratuità. Praticarla, viverla. Si scenda dagli scaffali, voltiamogli le spalle il più possibile. I passi, i respiri, gli occhi tendono al gratuito. Elemento elementare. Ciò che abbiamo ereditato come fossimo i figli prediletti. La gratuità è necessaria nella tensione a ri.diventare Creature e per combattere il comandamento assoluto del tornaconto”.
Si tratta di uno sprazzo di calda luce, perché mi rendo conto che ci sono delle persone che credono nella gratuità; dello stesso tema ho parlato proprio ieri pomeriggio col mio carissimo amico Christian Tito e un altro amico altrettanto caro, Nino Iacovella, mi fa avere in queste ore una serie di sue riflessioni per me vitali e a dir poco illuminanti. Eccoci, allora, gli illusi, i pazzi, los perros románticos, chiamateli come volete, che si ostinano a credere nella gratuità di un atto, di una scelta, di una passione. E, per fortuna, mi accorgo, potrei citare ancora tanti altri amici che condividono questo atteggiamento forse scollato dalla realtà (ma non m’importa), forse risibile (ma non m’importa).
E Gianmario praticava la gratuità e la gioia che ne deriva: con onestà assoluta quando proponeva le sue iniziative spiegava sempre perché e in che misura chiedeva, talvolta, almeno l’acquisto del volume in cui compariva un nostro scritto – avesse potuto, avrebbe pubblicato tutto, sempre, gratis, senza chiedere un centesimo a nessuno.
Lo dico a chiare lettere: mi fa schifo e ribrezzo quest’Italia renziana, esattamente come schifo e ribrezzo provavo per l’Italia berlusconiana e queste due Italie sono ora una sola, buia e arrogante, superficiale ed egoista; suscita in me incontenibile collera l’arroganza diffusa ad ogni livello di vita del Paese e lo stesso dicasi per l’ignoranza assurta a valore, per la tracotanza di chi, forse non sapendolo, possiede una vita intellettuale pari allo zero ed identifica il cosiddetto successo (ma bisogna per forza avere successo?) di una persona con la quantità di danaro che quella stessa persona guadagna e possiede. Non so quanti siamo i “pazzi sparsi per l’universo” come li chiama Christian Tito, ma qualcuno c’è e l’ho incontrato. Questo mi rende felice e mi consola in queste ore di tristezza.