Andando

di Antonio Devicienti. Via Lepsius

 

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Mimmo Paladino, “Hortus conclusus” (Convento di San Domenico, Benevento).

 

Il Paese degli zingari è sul mare (imitazione da Ingeborg Bachmann)

Ancora varcherò la soglia di casa
se qui le case sono verdi.

Ancora andrò per una terra accogliente
se sono saldi i ponti.

Perderò volentieri le pene
d’amore
se esse saranno per sempre perdute.

Non io, ma un altro: generosi entrambi.

Alle frontiere di me farò approdare
la parola
se essa vorrà toccare i miei confini.

E se la Boemia è ancora sul mare:
allora crederò ai mari.

Suscita la speranza nella terra
credere ancora al mare.

Io, ognuno: noi eguali.

Non desidero più nulla per me.
Immergermi io voglio.
Immergermi: e cioè nel mare: lì
ritroverò il Paese degli zingari.

Dal fondo marino mi sveglierò
nella pace.

Conosco ora l’andanza dall’abisso
del mare in sù e non mi sento perduto.

Venite sino a qui, Boemi tutti,
marinai, puttane del porto e navi
senz’àncora. Non volete essere Boemi, Illiri,
Veronesi e Veneziani voi tutti?

Recitate le commedie che spingono
al riso

recitate le commedie che muovono
al pianto.

E smarritevi cento e cento volte
così come io mi persi
e non una prova ho mai superato,
ma per paradosso le ho superate
tutte.

Così come il Paese dei migranti
e un bel giorno gli fu fatta la grazia
del mare e ora si trova sull’acqua.

Io confino ancora ad una parola
e a una terra

Boemo, vagabondo che non ha
nulla
da nulla trattenuto
che ha come dote il mare, il controverso,
terra per me d’elezione: oh, vederla!

 

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Mimmo Paladino, “Porta di Lampedusa – Porta d’Europa”.

 

La mia non è una traduzione, ma un’imitazione: uno sguardo da Via Lepsius sul Mediterraneo e sull’Europa di questi anni, di questi giorni. Ecco il testo originale:

Böhmen liegt am Meer

Sind hierorts Häuser grün, tret ich noch in ein Haus.
Sind hier die Brücken heil, geh ich auf gutem Grund.
Ist Liebesmüh in alle Zeit verloren, verlier ich sie hier gern.

Bin ich’s nicht, ist es einer, der ist so gut wie ich.

Grenzt hier ein Wort an mich, so laß ich’s grenzen.
Liegt Böhmen noch am Meer, glaub ich den Meeren wieder.
Und glaub ich noch ans Meer, so hoffe ich auf Land.

Bin ich’s, so ist’s ein jeder, der ist soviel wie ich.
Ich will nichts mehr für mich. Ich will zugrunde gehn.

Zugrund – das heißt zum Meer, dort find ich Böhmen wieder.
Zugrund gerichtet, wach ich ruhig auf.
Von Grund auf weiß ich jetzt, und ich bin unverloren.

Kommt her, ihr Böhmen alle, Seefahrer, Hafenhuren und Schiffe
unverankert. Wollt ihr nicht böhmisch sein, Illyrer, Veroneser,
und Venezianer alle. Spielt die Komödien, die lachen machen

Und die zum Weinen sind. Und irrt euch hundertmal,
wie ich mich irrte und Proben nie bestand,
doch hab ich sie bestanden, ein um das andre Mal.

Wie Böhmen sie bestand und eines schönen Tags
ans Meer begnadigt wurde und jetzt am Wasser liegt.

Ich grenz noch an ein Wort und an ein andres Land,
ich grenz, wie wenig auch an alles immer mehr,

ein Böhme, ein Vagant, der nichts hat, den nichts hält,
begabt nur noch, vom Meer, das strittig ist, Land meiner Wahl zu sehen.

 

 

 

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Mimmo Paladino, “Testimoni”, Ravello.