
Occorre una grande generosità e un’altrettanto grande fiducia nelle persone per organizzare un festival come Congiunzioni; Giovanni Asmundo ce l’ha e, per ringraziarlo pubblicamente della sua amicizia, ospitalità e premura, propongo un estratto del lungo poemetto che avevo scritto per il festival, pensando proprio al luogo (Spinea è vicinissima a Venezia) e a quelle congiunzioni tra le arti e tra i popoli che era il tema dell’incontro.

I magazzini del sale
Il ventoscrittura attraversa i magazzini del sale
suscita voci
stratificate dentro pareti già scheggiate dai passaggi testardi dei
sacchi da scaricare o caricare.
Mi scelgo una città e me la disegno
a immagine e somiglianza del desiderio.
Si chiami Venezia dove il passo è stretto tra
i magazzini del sale e l’andare, sempre andare,
andando, sempre andando.
Ma quell’altra Venezia non la voglio vedere
quel funebre ciarpame per turisti non lo voglio vedere.
È questa Venezia che m’accingo a dire
questa che, nell’arbitrio della scrittura,
comincia dai magazzini del sale
e si dipana rigo dopo rigo, no ma de.

Grandi dischi pitturati – è un universo ognuno –
traversano rotando la città galleggiante
e la lavano, finalmente ne dilavano le commerciali sozzure
e fanno delle facciate i grandi teleri dell’andanza
e andando, sempre andando
ascoltando, sempre ascoltando
guardando, sempre guardando
i percorsi del respiro le vertigini della mente
gli smottamenti dei giorni tu
sguardo, scrittura che vuoi essere sguardo
febbrile e avido
vedi
e ascolti
e crei!
Ho bisogno di un volto venuto da lontano che
m’insegni lo stratificarsi dei millenni e
la verginità dello sguardo umano sul mondo
(è ancora possibile uno sguardo vergine sul mondo?)

Ho bisogno di un libro di poesia per
imparare il pensare e il dire
e affidarmi a questo ventoscrittura
(……..)
Il volto dell’ultima immagine è una fotografia di Isabel Muñoz dalla serie che la fotografa spagnola ha dedicato al popolo Surma nel 1999.