Via Lepsius

pagine di Antonio Devicienti: concatenazioni, connessioni, attraversamenti, visioni

Mese: dicembre, 2015

Jakob Böhme a Görlitz

 

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Görlitz: Oberlausitzische Bibliothek der Wissenschaften.

 

 

Una vita da calzolaio:
tiene bottega accanto alla porta della città
sente Dio come una ferita che non rimargina

e i libri rappresentano l’oceano della sua ignoranza.
Una sera decembrina, la neve spinta ai lati
delle strade, il biancore sospeso nell’aria.
Un uomo avvolto nel mantello torna a casa,
imbocca il vicolo dietro al Duomo.
Rischia di scivolare, s’appoggia al muro.
La rugosità del mattone gli provoca un taglio alla mano.
Guarda il sangue sgorgare.
Ha nel palmo vecchie cicatrici di lavoro e di buio.
Nel buio del vicolo quel poco sangue
quel graffio quel bruciore
gli fanno udire la luce
d’uno spasmodico sole che transita
dietro la luna offuscata dal biancore
nivale.

 

 

Nella luce (13 dicembre)

 

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Una foto di Enzo Sellerio.

 

S’inchina storto olivo nei capricci
del vento marinaro, acrobatici.
Perché ha mani di stella, occhi achei
predaci del salgemma saporito
della terra, l’olivo, lui, mitografo
del sasso che matura visionario.

La Santa dall’odore di giovenca
danzò nel cerchio chiuso sotto Eleusi.
Espatriata in terre di tabacco
rimemora dal confino borbonico
il grano, il vino e l’estasi del morso.
A spalla, in processione, la portiamo.

L’acqua nei penetrali della sete
s’offre al tutto, non tollera padroni.
È ctonia, ma anche celeste, è linfa
foliare, poi racconto ed evo amniotico
della terra, è regina d’interstizi,
enigmi architettori di capricci.

La luce, infine: rinnovata l’alba
dello scrivere.

 

 

Bomarzo

 

bomarzo

 

“(…)
Resterò in compagnia di Baruch Spinoza, lenzenslijper a Rijnsburg Voorburg Den Haag, di Jakob Böhme, calzolaio a Görlitz, di Nisargadatta Mahārāj, tabaccaio a Khetwadi. Continuerò a distinguere i filosofi dai professori”.

Nanni Cagnone, Discorde (La Finestra Editrice, Lavis, MMXV), pag. 198.

1.

L’amichevole eco dell’abbaiare
di cascinale in cascinale
solleva la mente la
conduce
sopra le chiome degli olivi
e sopra i coppi terminali dei comignoli
mentre l’Orsa si sposta perfetta
viandante dai passi di scolta nel giro
delle mura.
Quante lune essa vede
nel ruotare della notte
nelle ellissi aranciate dell’insonnia
distantissime eppur vicinissime
ai filari delle viti viterbesi.
Sguardo
sobrio eppur ebbro di bellezza
(è bello il moto matematico
delle lune sì come del dire).

2.

Dal borgo di tufo sospeso nella luce
e nella necessità dell’eremo
nel suono della mattinata di mani delicate
per i semplici dell’horto
e nel raccoglimento
finestre e millenario sguardo
finestre di vetri sottili in faccia alla valle.

Così vertiginosa e sola
negli scoscendimenti della roccia
e nello spacco in giù
in giù nel tempo
nel suono del sole-falco
e nei cerchi concentrici del mattino: la profondità e l’altezza
così vertiginosa e sola.

3.

Un giro armonico del pensiero
un sussulto della luce
un contrappunto di nubi e di respiro.

Intessere meriggio
entro severi margini di bellezza
non facili ascese dello sguardo
interroganti scoscendimenti del silenzio.

Necessità traversare l’antica giovinezza
dei refettori della biblioteca e dello spedale.
L’intonaco fin quassù disteso con spatole
di pazienza, pastosità di panificatore.

4.

Il tabaccaio sapiente, il cantore degli Atridi,
il mastro concertatore di Lipsia,
il tornitore di lenti,
quell’Inglese spasmodico di naufragi,
l’incedere di Thelonius,
l’architettore fantasticatore di monstra e mirabilia, il calzolaio
di Görlitz.

Mossa pietra concertare
dal meditante biancore di stanze assuefatte
al gregoriano
e ancora l’ospitalità severa dei refettori
la cena che s’apparecchia
tra pareti d’etrusca sapienza (lapis peperinus).

Come un esercizio (esercizio? meditante
accordo, invece, saggi
di geologica vertigine)
il Clavicembalo ben temperato
Sweet Georgia Bright
e più in là un drago, un’echidna, un elefante turrito…

Così vertiginosa e sola la mente.