Leggende (6)

di Antonio Devicienti. Via Lepsius

 

 

 

La piccola Lucia fu destata dall’acqua della cisterna che chiamava il suo nome. La bambina guardò dalla finestra aperta sull’Estate e vide suo nonno, Rabbi Beniamino, uscire in istrada. Volle seguirlo per prendergli la mano e andare insieme con lui in giro nel paese così come facevano spesso. Gli svelti passi della piccola non riuscivano tuttavia a tener dietro a Rabbi Beniamino. L’uomo recava sulla schiena qualcosa che nel buio somigliava a una fascina di legna. Raggiunse il Castello, con inaspettata agilità ne scalò il muro della torre più alta. La piccola rimase ferma a guardare. In cima alla torre Rabbi Beniamino si tolse il fardello dalle spalle e, nel cerchio della Luna piena che in quel momento sorgeva sul Castello, si videro le due ali di rame che l’uomo assicurava con delle corregge alle braccia. Rabbi Beniamino dispiegò le braccia ora alate, le batté lente nell’aria e si sollevò incontro all’astro lunare, chiudendo e aprendo piano le ali di rame. Lucia levò una mano a salutare il nonno che andava via. Non vide che i geranei di tutti i balconi di Oria mutarono il rosso canicolare in bruno di lutto, ma sentì che l’acqua di tutte le cisterne del paese si asciugava. Al canto del primo gallo tornò il rosso dei geranei e l’acqua delle cisterne.

È privilegio della nostra famiglia costruirsi ali di rame per andare incontro all’astro delle migrazioni “, raccontò la zia Amaranta mentre le insegnava a scrivere la lettera ב beth con la quale comincia il racconto della creazione.