Yves Bergeret, Francesco Marotta, Carène / Carena, l’Europa, le migrazioni, l’antifascismo
di Antonio Devicienti
Da Via Lepsius seguo con partecipazione e passione gl’impegnativi giorni “siciliani” di Yves Bergeret; come ormai accade da qualche anno Yves e io siamo in contatto quotidiano (e anche più volte durante il giorno) – si tratta di un’amicizia e di uno scambio che mi guidano e m’incoraggiano, illuminandomi e indicandomi un itinerario di ricerca politica, intellettuale e artistica.
Tra poche ore andrà in scena a Catania, regia di Anna Di Mauro, l’allestimento teatrale del poema Carène / Carena nella traduzione di Francesco Marotta; ecco: è proprio alla Dimora del Tempo sospeso che devo la conoscenza dell’opera di Yves, la cui lettura mi ha poi portato ai primi contatti con Bergeret e a tutto quello che ne è successivamente scaturito; sono debitore insolvente di questo (e di tantissimo altro) nei confronti di Francesco e della Dimora e ora, da Via Lepsius, voglio scrivere poche frasi di riflessione su quello che quest’allestimento teatrale rappresenta.
So che più d’uno (intellettuali e artisti siciliani raffinati e colti) ha rimproverato a Yves di occuparsi di “cose” e “fatti” ch’egli, straniero (sic!), non avrebbe il diritto di affrontare – ebbene, da Salentino e da persona che molto bene conosce la realtà e le realtà dell’Italia meridionale, dico, invece, che proprio lo sguardo altro, di chi viene da lontano e da un’altra cultura, da un’altra storia personale e collettiva, proprio lo sguardo giunto da altre terre è in grado di spiegare chi, noi Meridionali e poi noi Italiani, siamo e siamo diventati; Yves conosce e ama con divorante passione sia l’Italia che la Sicilia, egli ha compiuto un lunghissimo itinerario che l’ha portato a riconoscere in molti atteggiamenti e in molte scelte tematiche della cultura europea dei nostri anni un malcelato (e talvolta inconsapevole) razzismo, un perpetuare una mentalità colonialista (camuffata magari da caritatevole accondiscendenza), spesso un fascismo sempre più presente e arrogante.
Che Carène, dopo lunghe e controverse vicende editoriali, arrivi finalmente tra le mani di lettori consapevoli sotto forma di libro a stampa e sulle scene grazie al coraggio di poche, testarde persone, è da un lato un successo, dall’altro la conferma che la scrittura è e dev’essere un atto politico, cioè un appartenere alla vita della comunità per rendere traverso la scrittura più inventiva, rivoluzionaria e complessa immaginabile (quella della poesia) la mente di ognuno e di tutti cosciente di una storia – la storia dei nostri anni, in questo caso.
Yves Bergeret, nello scrivere un’Odissea contemporanea che per nulla indulge a mode o a vezzi letterari, Francesco Marotta, nel tradurre con passione totale dal francese all’italiano quel poema, indicano una direzione (l’osmosi tra le lingue e le geografie), continuano un’alta tradizione (il legame inscindibile tra cultura francese e cultura italiana), sostengono e difendono il futuro, l’unico possibile (l’incontro paritario tra la cultura europea e quelle di persone che provengono da altri continenti).
Sono giorni intensi e faticosi, esaltanti e indimenticabili questi “siciliani” di Yves (il quale è tornato per l’ennesima volta, come da molti anni fa, nell’Isola); sono anche giorni in cui il fascismo, come qualcuno sostiene, “rialza la testa”: ebbene, in verità è dal 25 aprile 1945 che il mio Paese non sa fare i conti, come dovrebbe, con il suo passato fascista e con la costante presenza fascista (e anche mafiosa) nel suo corpo comunitario – un amico e un intellettuale e poeta che viene dalla Francia, a sua volta antifascista convinto, si sobbarca l’onere di scrivere e di portare in scena nel cuore di una Sicilia contraddittoriamente progressista e democratica, ma anche feudale e mafiosa, un poema che, nella parola nata dalla sofferenza e dalla morte di migliaia e migliaia di esseri umani che attraversano il Mediterraneo, ritrova la propria ragion d’essere e la propria giustificazione etica e politica.
E tu, mia scrittura, ecco che ora puoi cercare e trascegliere (per studiare e imparare) quello che l’Europa, da millenni, ha saputo costruire in termini di dialogo, confronto, attenzione verso chi “viene da altrove”.
[…] Via Lepsius una riflessione di Antonio Devicienti su Yves Bergeret, “Carena” (e molto […]
oggi scrivo questo commento, dopo aver goduto del debutto in forma teatrale del poema di Yves Bergeret, Carène. Scrivo da protagonista (uno, dei protagonisti) della messa in scena. Partecipazione mossa da una spinta interiore di appartenenza a quel mondo di persone comuni, per bene, “oneste e splendide”, come le definisce l’Autore, cui sento di appartenere.
Appartenere ad una società è un sentimento smarrito, confuso, a volte frainteso. Riconoscersi comunità in un incontro sportivo fa’ esultare unendo sotto bandiere variopinte i diversi gruppi sociali, magari creando sinergie (finalizzate al “credo” sportivo), insperate ed improbabili tra diverse ragioni politiche, per poi scontrarsi nell’arena della politica vera, quella della quotidianità. Quotidianità, preziosa parentesi di tempo apparentemente distratto alle “cose” importanti e vere. Ma quali sono le cose importanti e vere? Quali i temi della Politica che muove le sorti della Storia? Quali le scelte da fare? Il personaggio citato dall’Autore, Modì, ha scelto. Ha deciso di scrivere la sua forma ricercata, scelta, giusta o sbagliata forse un giorno lo sapremo. Ma ha scelto. Oggi noi sappiamo, dalle cronache dei quotidiani, che si sta muovendo, in modo sempre più drammaticamente evidente, una scelta(?) di orientamento politico sociale che muove sempre più a “destra”, una destra xenofoba e razzista che spinge contro il corso della storia, scritta negli ultimi secoli, da un mondo sempre più occidentale chiuso in interessi che nulla hanno a che spartire con i principi etici e morali di tutte le fedi e/o religioni. Capitalismi e speculazioni stanno modificando financo la genetica. Assistiamo alla deriva del pensiero libero e solidale, per contro l’avanzata di effimere ragioni neo fasciste mascherate da liberismo. Che orrore!
La promozione del pensiero svincolato dal dogma, opportunista per sua natura, è la “spinta purificatrice” che anima la mia partecipazione.
Mi definisco agente pro attivo, mi piace immaginarmi “soldato” del pensiero laico e progressista convinto che, attraverso l’uso della parola, si possa giungere a permearsi in reciproco divenire, in buona sostanza a crescere. La civiltà di un popolo non si esprime solo con un PIL favorevole, ma aggiungendo un tassello di conoscenza, condivisione, partecipazione, promozione dell’Uomo nelle sue più alte forme. Carena ci aiuta a conoscere e riconoscere una dimensione etica dell’Uomo, ricordandoci che è possibile mutare il corso della Storia con pochi, poveri mezzi, ricchi dell’enorme patrimonio di conoscenza che l’uomo fa finta di dimenticare o peggio disconosce e mistifica. L’indifferenza con cui si assiste alla ecatombe cui vanno incontro le migliaia di uomini e donne traversando il mare in tempesta della speranza negata, rinnega la dignità dell’uomo, vestendo di ignobile miserabilia ogni azione compiuta alle nostre latitudini. Negando Progresso.
Ringrazio Yves Bergeret per il suo impegno e quanti lo sostengono . Ringrazio il Prof. Devicienti per l’indefessa fiducia nell’affermazione di pensiero laico ed anti fascista, sempre
francesco gennaro 9 dicembre 2017
Gentilissimo Francesco, non ho espressioni adeguate per ringraziarLa a sufficienza del Suo commento e delle parole appassionate che ha voluto usare; sono felice e mi conforta riscontrare nell’impegno e nel pensiero di una persona quale Ella è il coraggio, la determinazione, la passione civile e antifascista che anima anche Yves; nel momento dei fascismi razzisti e oscurantisti e dei qualunquismi, delle menzogne e delle parole d’ordine semplificanti e banalizzanti il suo lungo commento è ossigeno puro e vivificante; ancor più il suo impegno sulla scena: per mesi Ella e i suoi compagni hanno lavorato, con difficoltà e abnegazione, alla messa in scena di Carène, portando con sé un seme che mi auguro attecchisca in terre come la Sicilia e l’Italia in questo momento spaventosamente aperte non all’accoglienza e al progresso, ma alla violenza e all’odio.
Pregiatissimo Professore Devicenti
leggo solo adesso la Sua gradita risposta.
Riconosco indispensabile la necessità di unirmi a uomini e donne dal pensiero laico e progressista, confidando che sia possibile trovarci e sostenerci in mutuo aiuto nel rafforzamento di quei principi etici e pro attivi .
La manomissione della parola tende a mistificare significati e significanti. La ringrazio ancora.