Via Lepsius

pagine di Antonio Devicienti: concatenazioni, connessioni, attraversamenti, visioni

Mese: marzo, 2019

Intorno ai quaderni di Andrea Emo

 

Christiane Löhr: “ohne Titel”, 2007.

 

Medito sulla vicenda esistenziale e intellettuale di Andrea Emo Capodilista: ecco un luminoso punto di riferimento, un silenzio appartato e fecondo, pochissime ma salde amicizie nutrite di letture comuni, d’intenso dialogo intellettuale. La scrittura a fecondare i giorni. Pagine e pagine di quaderno non a fissare o congelare il tempo dei giorni, ma a seguirlo nel suo trans-currere traverso e oltre le chiuse della mente; corrispondenze per affinità elettive (le uniche che contino) con autori del passato e della contemporaneità.
Quello scrivere a mano, paziente e ordinato (pochissime le cancellature, indizio di lunga e concentratissima meditazione); quell’accumulare i quaderni l’uno accanto all’altro, segno visibile del farsi del pensiero; quel rifuggire l’estetizzazione del pensiero, dal momento che lo studio e la riflessione hanno sempre al loro centro la consapevolezza (dolorosa eppure stimolante) che la meta della riflessione e dello studio sfugge ininterrottamente.
Eppure studiare, meditare, scrivere.
Ma se è vero che si scrive sempre “troppo”, sempre poco è quello che si realizza nel passaggio dal pensiero alla scrittura e la sfida da parte del mondo si enuclea proprio dentro tutto quello che si perde o non si raggiunge o non si scorge nel passaggio da pensiero a scrittura, in quell’alone d’ombra che ci resta accanto, consapevolezza di una tale mancanza o sottrazione o spazio vuoto che, proprio per questo, parla, ci provoca e scandalizza e possiede la sua forte presenza e le sue irrinunciabili rivendicazioni.
I fragili fogli di carta, i tratti a penna o a matita su di essi tracciati sono una biblioteca interiore che, traccia del silenzio, risplende per chi voglia ascoltare.

 

 

(Segnalibri) Nanni Cagnone: Parmenides remastered

 

 

 

 

Il libro di un Amico e Maestro, di un sodale Lettore dal quale imparo e che non saprò mai ringraziare abbastanza.

 

 

(…)

 

 

 

 

 

 

 

 

Senza titolo

 

Christiane Löhr: “ohne Titel”, 2007.

 

Da gran tempo ho smesso di “scrivere poesie” – adesso scrivo: tout court (ed era ora, almeno per quello che mi riguarda).

 

 

La scrittura è meticcia

 

ohne titel 2007

Christiane Löhr: “ohne Titel”, 2007.

 

(Dedico il testo seguente all’edizione italiana del Tratto che nomina di Yves Bergeret, libro che nasce proprio in queste settimane – e a Francesco Marotta, grande ispiratore della traduzione dell’opera dal francese all’italiano).

 

L’atto della scrittura è, per me, uno dei modi più pieni traverso i quali si esplica la vita.

Che cos’è un bicchiere di buon vino che aspetta sulla tavola per accompagnare il pasto o confortare il riposo dopo la fatica? L’antichissima civiltà del vetro lavorato per accogliere il risultato finale della diuturna lavorazione della vite (anch’essa derivante da sapienza plurimillenaria): il corpo gioisce di quei sorsi – e anche la mente.

La mia scrittura viene dopo i millenni di scritture che l’hanno preceduta e dalle quali impara: vuole collocarsi, umile e consapevole della sua estrema piccolezza, nella teoria lunghissima delle scritture che cercarono il mondo, anche quando questo le rigettava. La scrittura non spiega il mondo, ma lo illumina (il che non significa che lo renda trasparente o perspicuo).

Il pane, fresco e croccante, ha colori di farina e di cotture che, derivando fino a noi da sapienze prealfabetiche, corrispondono ai colori della terra e del giusto appetito.

La scrittura non tradisce le nostre derivazioni preindoeuropee, né la nostra comune appartenenza mediterranea; così meticce queste ascendenze.