Via Lepsius

pagine di Antonio Devicienti: concatenazioni, connessioni, attraversamenti, visioni

Mese: Maggio, 2019

Ancora su W. G. Sebald

 

 

Continuando a riflettere sull’opera, per me irrinunciabile e determinante, di Sebald, propongo un mio intervento che ho da poco pubblicato sulla Dimora del Tempo sospeso.

 

 

 

 

Sul concetto di “realismo” in letteratura

 

Christiane Löhr: “ohne Titel”, 2007.

 

 

Sebald dispiega una complessità sintattica e una ricchezza lessicale che, programmaticamente, si oppongono e alla sciatteria di molte scritture e all’equivoco, in cui incorrono numerosi autori, di voler addivenire a una “mimesi del reale”; Sebald dimostra, al contrario, che complessità di strutture narrative e sintattiche e vastità di patrimonio lessicale additano e condannano certe bassezze e banalità del reale, un qual certo arrendersi della letteratura di fronte a frange del reale – le strutture narrative e sintattiche insieme con le sprezzature lessicali più fini e inventive sanno diventare, invece, strumenti di comprensione e di giudizio.
Quella sebaldiana è una forma modernissima ed efficace di realismo proprio perché Sebald riaffida al linguaggio nella sua espressione scritta (saggistica, narrativa, poetica, anche tutte e tre insieme) il dovere di essere pensiero vigile e critico.

 

 

 

(Segnalibri): Stefan George, Gedichte / Poesie (primo volume)

 

Un grazie (caloroso, amichevole, commosso) va a Marco Albertazzi e a Nanni Cagnone (ognuno di loro sa perché).

 

 

 

 

 

Verso qui

 

Christiane Löhr: “ohne Titel”, 2007.

 

Il silenzio, qui, sta nelle intermessure tra i libri: moltissimi sono i libri, molto molto pochi quelli che mi parlano. Proprio tra le fessurazioni tra questi ultimi più profondo è il silenzio, grande spazio e luminosissimo. Le scritture di questi (ben pochi) libri partecipano del significante silenzio, lo dicono.
Il silenzio è serietà.
Il silenzio non è dilettantismo.
Il silenzio è l’umiltà dei grandi libri.

 

 

 

Da qui

 

Christiane Löhr: “ohne Titel”, 2007.

 

Non c’è un’insipida zuppa qui da mandar giù con quattro cucchiaiate e forbirsi poi soddisfatti la bocca se è piaciuta.
Non ci sono quattro ricami a punto e croce a ornare la mensola con i ritratti di famiglia.
Ho usato per il fuoco del camino l’agenda con gli indirizzi (quelli che contano li ricordo a memoria).
Il telefono suona raramente, ma quando lo fa è sempre un amico che chiama.