Via Lepsius: Sul concetto di “scritto”

di Antonio Devicienti. Via Lepsius

 

Pierre Tal Coat: Comme si en marche (acquaforte e acquatinta, 1980).

 

Da gran tempo penso ai miei testi in termini di “scritti”, il che significa per me che li penso paesaggi della scrittura all’interno dei quali vengano a sciogliersi i confini tra poesia e prosa, tra testo d’invenzione e saggio, tra ritmo lirico e ritmo narrativo o speculativo.
Ogni “scritto” ha, nello stesso tempo, ambizioni d’eleganza stilistica e di rigore ermeneutico, d’inventività fantasticante e immaginativa e di disciplina di studio.
Uno “scritto”, essendo già di per sé paesaggio, si dispiega nella sua molteplicità di aperture e di soglie, è esso stesso continuamente soglia tra due o più spazi-paesaggio e, al proprio interno, possiede numerosi punti di transito con l’esterno (soglie permeabili e mobili, appunto).
Il gruppo di “scritti”, poi, si dà a vedere quale costellazione di tali paesaggi della scrittura, caratterizzati da emersioni e ri-emersioni d’idee, immagini, fatti, nomi e altrettanto ricchi di rimandi, accenni, allusioni, anticipazioni, perché dev’essere la vitale mobilità del pensiero, il pensiero nella sua necessaria mobilità a trovare nei diversi “scritti” la propria (mai definitiva, però) attuazione.
Ogni “scritto” dev’essere infatti una modulazione del respiro, e l’intendo in senso sia letterale che metaforico, così che ogni “scritto” presuppone e prepara il successivo, è paesaggiopaesaggi) in fase d’inspirazione e, al contempo, d’espirazione, è scrittura che cerca la propria durata – e non in senso temporale, bensì nel senso di ritmica del pensiero e di venuta a esistenza di quel medesimo pensiero il quale, di conseguenza, si articola, si dispiega, magari anche si contraddice o nega, ma sempre si muove e trascolora e screzia.
Ogni “scritto” è, dunque, un’andanza dentro il paesaggio ch’esso, pure, è, e queste andanze, scaturite ognuna per gioia intima ch’è sostanza stessa del pensiero, si possono chiamare anche stanze o sentieri di un poema in fieri, di un canto che inizia là dove inizia il respiro.