Traducendo John Keats
di Antonio Devicienti. Via Lepsius
Francesco Dalessandro pubblica presso le Edizioni dell’Associazione Culturale Contatti di Genova Fammi lezione, Musa.
Come talvolta accade quando la traduzione è non solo efficace, ma anche condotta con sapiente acribia linguistica e filologica, con partecipazione emotiva, con il totale dominio dei mezzi espressivi, difficilmente si potrebbe negare che, leggendo i Sonetti, la ballata La belle dame sans merci e Tre poesie per Fanny di John Keats, non si stia leggendo anche la poesia “in proprio” di Francesco Dalessandro. Certo, il poeta si è messo letteralmente al servizio della poesia di Keats, Dalessandro offre, insieme con le traduzioni, dei lucidi e partecipati commenti alla Ballata, alle poesie per Fanny e una nota del traduttore in chiusura del volume, ma la bellezza dei testi italiani (preferisco definirli così, non “in” italiano) pretende che si guardi alla traduzione come una delle due (necessarie) rive di chariana memoria (l’una per l’andata, l’altra per il ritorno) tra le quali scorre l’unico fiume della poesia.
On Seeing the Elgin Marbles
My spirit is too weak—mortality
Weighs heavily on me like unwilling sleep,
And each imagined pinnacle and steep
Of godlike hardship tells me I must die
Like a sick eagle looking at the sky.
Yet ’tis a gentle luxury to weep
That I have not the cloudy winds to keep
Fresh for the opening of the morning’s eye.
Such dim-conceived glories of the brain
Bring round the heart an undescribable feud;
So do these wonders a most dizzy pain,
That mingles Grecian grandeur with the rude
Wasting of old time—with a billowy main—
A sun—a shadow of a magnitude.
Quando vidi i marmi Elgin
Troppo fiacco è il mio spirito – già il sonno
indesiderato della morte m’opprime col suo peso
e ogni cima, ogni divina e immaginata
ardua ascesa – come all’aquila ferita
la vista del cielo – dice che devo morire.
Eppure, un piacere sottile è quel pianto
che umidi venti non ho per rinfrescare
al suo schiudersi l’occhio del mattino.
Confuse e vaghe, tali glorie della mente
recano al cuore il tumulto di una lotta indicibile;
da queste meraviglie così una spirale
di pena mischia lo splendore della Grecia
al rude guasto del Tempo – all’ondosa
distesa – un sole – un’ombra di grandezza.