Su “Opera multipla” di Mariangela Guatteri

di Antonio Devicienti. Via Lepsius

 

         La bidimensionalità e la risoluzione delle immagini qui presentate non rendono giustizia alla complessità sia concettuale che estetica di cui queste quattro parti di Opera multipla (2022) di Mariangela Guatteri sono latrici.

         La limitante visione offerta (e imposta) dal medium digitale rischia infatti di trasformare in (quasi derridiani) fantasmi i corpi ben concreti e significanti di Opera multipla ma il discorso vale, a meglio riflettere, per ogni immagine che, nel web, rimandi a oggetti e opere esistenti nella realtà.

         Il perché di questa premessa è presto detto: se si prendono in mano (e intendo l’espressione prendere in mano e quindi poi manipolare alla lettera) queste quattro parti ci si accorge di essere in presenza di quattro opere stratificate – un foglio di dimensioni standard A4 in acetato è stampato al laser con macchina Xerox ed è sovrapposto a un rettangolo di carta velina sul cui recto l’artista ha tracciato dei segni, il cui verso posa su di un frammento di carta carbone e questi tre strati posano infine su di un foglio bianco unito sul lato lungo destro al solo foglio di acetato; la manipolazione a un suo primo, semplicissimo grado, consiste quindi nel sollevare il foglio di acetato, nel superare la prima impressione di essere davanti a un’opera puramente bidimensionale; quest’ultima invece si “apre” rivelando la stratificazione cui accennavo.

         Estremamente interessante è la complessità sottintesa a questi lavori: la stampa laser è il risultato dell’azione della macchina stampante a monte della quale c’è stata l’azione dell’artista che con l’inchiostro aveva tracciato sulla carta una fitta serie di segni; sul rettangolo di carta bianca e sottilissima sono presenti segni in inchiostro sia blu che nero che potremmo definire “autografi” e, sul suo verso, i segni impressi dalla cartacarbone la cui superficie poi, osservata in controluce, rivela gli appena percettibili solchi provocati dalla punta dello strumento scrittorio.

         In Opera multipla si congiungono dunque la riproduzione tramite stampante laser di un documento originariamente manoscritto e di un frammento che è stato e che rimane manoscritto; l’acetato, trasparente, lascia intravedere i segni sia neri che blu e i margini della carta carbone.

         La stampa sull’acetato appare quindi anch’essa come una sorta di fantasma del testo originale sovrapposto a uno autografo del quale, però, esiste anche il recto ma destinato a rimanere invisibile – a meno che la manipolazione non si limiti ad aprire i fogli, ma estragga i due strati interni, ne renda visibili allo sguardo entrambi i lati ed è questa operazione che viola o è forse meglio e più corretto dire oltrepassa l’immobile “sacralità” dell’opera: nelle immagini qui riprodotte si può infatti vedere quello che Mariangela Guatteri ha portato a realizzazione di ogni parte di Opera multipla il che non ne è, però, il risulato definitivo e per dir così consacrato in una teorica eternità dal momento che chi ha in mano questi manufatti può estrarre i foglietti interni lasciando riverberare l’acetato della luce bianca del foglio di supporto, oppure può posizionare diversamente i foglietti interni o anche intervenire tracciando a sua volta altri segni.

         In molti lavori Mariangela ha tracciato questi suoi segni fittissimi che possono richiamare l’idea delle onde (sonore, luminose, elettromagnetiche, etc.) che occupano e rendono continuamente diveniente il nostro spazio vitale, oppure si può pensare alla fittissima tramatura di un muro, di un foglio, di qualunque supporto capace di ricevere segni o, anche, al testo stesso che Roland Barthes nel Piacere della scrittura definisce poroso, fitto di cretti e fratture, discontinuità e addensamenti.

         Anche l’orientamento può variare a piacere in una sorta di negazione (se ancora ce ne fosse bisogno) del valore assoluto dei parametri in base ai quali si distinguono l’alto e il basso, la destra e la sinistra.

         A me piace anche vedere in questi lavori una scrittura che, asemica, continua a contestare l’assolutizzazione (e l’eventuale sacralizzazione) di concetti e di valori autoritari dal momento che, non lo si dimentichi mai, l’attività di Mariangela possiede anche una valenza esplicitamente politica il che vale, nel suo caso, quale azione libertaria e liberatoria. Non è affatto casuale, per esempio, che questa sia un’opera ma multipla le cui parti sono legate tra di loro da un rapporto di somiglianza, ma mai di identità, di rimandi e allusioni continue, ma mai di serialità, benché soltanto uno strato (l’acetato) sia stampato e quindi si ripeta identico di pezzo in pezzo – intervengono poi le variazioni attive in ognuna delle parti del lavoro, interviene la presenza (non fantasmatica, non spettrale) del segno mano-scritto capace di rammentare la fisica presenza di chi ha pensato e realizzato l’opera, affidata quest’ultima nelle sue 100 parti all’attenzione e alla cura di chi quelle parti avrà tra le sue mani: la mano (ho bisogno di rimandare ancora a Barthes o, anche, a Henri Focillon?) che continua ad apparirmi presenza determinante in questo lavoro di Mariangela.

 

 

 

Opera multipla parti 7, 8, 9 e 10 di 40 – dimensioni massime A4 standard, 2022