Romanzi dimenticati (di Gianluca Virgilio)

di Antonio Devicienti. Via Lepsius

 

Vecchi romanzi dimenticati, scritti da autori un tempo famosi, libri mai più ristampati e che capita di comprare per un euro cadauno in qualche mercato dell’usato. Li ricerchi in una scatola di cartone a bordo della strada nei mercatini ambulanti oppure alla periferia della città nei magazzini del rigattiere; e quando ti capita di trovarne uno tra cento libri umidi e polverosi, ti sembra di esumare un defunto. È lì, tra manuali scolastici inservibili e codici di leggi abrogate e ancora sotto un’ammuffita enciclopedia, che un tempo faceva bella mostra di sé in un salotto borghese, oppure tra vecchi libri di medicina ormai superati; ti si rivela come il residuo d’una professione, un concentrato di tempo libero che uno sconosciuto – una fanciulla di buona famiglia, un amante deluso, una vecchia zitella, un uomo à la page – molti anni fa gli ha dedicato a margine della sua attività: il libro d’evasione e d’amore d’un Virgilio Brocchi, d’un Luciano Zuccoli, d’un Guido da Verona, d’una Milli Dandolo… Nel frontespizio ingiallito qualcuno ha scritto il suo nome come per una presa di possesso che in quel momento gli appariva definitiva – questo libro è mio! – , ma che ora non ha più alcun senso: è il nome sconosciuto di un lettore defunto. Muoiono gli uomini e le loro biblioteche si disperdono, piccole o grandi che siano. Gli eredi non hanno pietà né riguardo a svendere un libro che un loro avo forse amò o almeno volle possedere scrivendovi il suo nome con quella studiata calligrafia d’una volta che sembra quasi fiorita. E tu che lo acquisti per un euro sai d’essere lo sciacallo che si approfitta della preda inerme e vi s’avventa con brama bibliofila; senza darlo troppo a vedere al rivendugliolo – che intanto ti scruta -, perché non alzi il prezzo del defunto romanzo. 

Lo prendi in mano, lo guardi, lo sfogli ed esso è muto, assente come tutti i morti. Dormirebbe ancora il suo sonno eterno se, portatolo a casa, non ti venisse la curiosità di leggerne le pagine consunte, dagli angoli piegati e gualciti. Forse la tua è solo nostalgia, forse desiderio di sapere cosa pensavano e come agivano gli uomini e le donne che non abbiamo mai incontrato, i nostri avi famosi, da cui tutti deriviamo. Sei convinto che questo contenga quel libro e perciò ti sei dato la pena di acquistarlo per la somma che ho detto.

Lo maneggi con cautela per non aggravare il suo stato di corruzione – la rilegatura non ha retto e una pagina si è staccata – e mentre leggi le prime parole, subito ti prometti di portarlo quanto prima in legatoria per restaurarlo, come si fa col morto che s’imbelletta prima di esporlo ai vivi. Spenderai più per il restauro che per l’acquisto, ma non importa.

Restaurato, infatti, avrà diritto d’entrare nella tua biblioteca, affiancato agli altri che hai già disposto in bell’ordine sullo scaffale, nella vetrina protettiva, dietro la quale rimarrà non si sa per quanto tempo. L’hai letto una volta e certo non lo rileggerai più, forse sarai stato l’ultimo ad averlo letto fuori tempo massimo. Con chi potrai parlare di questo libro scritto cent’anni fa, in una lingua che non è più la nostra, che dice cose che abbiamo dimenticato, scartato, e sono state annichilite dal passare degli anni. Oh, come sono inutili questi libri! Non servono e non serviranno più a nessuno. Nessuno più li leggerà. Ammuffiranno e le loro pagine lentamente si sgretoleranno. Ma prima che ciò accada, qualcuno certamente li erediterà e potrà farne quello che vuole. A te cosa importa, in fondo, di questi libri che si perdono nel nulla?