Via Lepsius

pagine di Antonio Devicienti: concatenazioni, connessioni, attraversamenti, visioni

Categoria: attraversamenti

Le diramazioni della scrittura (su “Statue linee” di Marco Giovenale)

       

 

          In Statue linee (gipsoteca (errori (diramazioni [ 2002 / 2022] (pièdimosca edizioni, Perugia 2023, Collana “glossa” curata da Carlo Sperduti) Marco Giovenale compone e raccoglie testi che direi essere stati scritti con ironia, ferocia e giocosità – la scrittura di ricerca prende anche l’aspetto di testi come questi nei quali, rispetto alle forme tradizionali di prosa (quelle, per intenderci, che vanno incontro a un gusto diffuso – e omologato e quelle verso cui e a cui pressoché tutti i potenziali futuri lettori vengono spinti e resi avvezzi dalla scuola), le ambiguità, le antinomie, le aporie, gli scarti di senso insiti nella lingua stessa e nella sua sintassi fanno imboccare sentieri inattesi che conducono a testi ironici perché è questo uno dei modi con cui Giovenale prende distanza dalla suddetta tradizione, criticandola e dimostrandone la risibile, intrinseca debolezza; si tratta di un processo che non ammette pietà, che è inteso ad additare l’inanità di tante prove perfettamente a loro agio nella sovrabbondante produzione mainstream, da qui la ferocia cui pensavo, il non voler lasciare spazio ad alcun compromesso, ad alcuna concessione a paradigmi di scrittura obsoleti e quindi inefficaci a rivelare sensi e significati; Giovenale gioca con la sintassi e con il lessico, con le categorie della denotazione e della connotazione, gioca in maniera molto seria perché le sue statue linee vengono erette e tracciate anche contro un linguaggio e contro tipi di scrittura compromessi con un sistema di potere (editoriale e latamente politico) che Giovenale da sempre rifiuta.  Leggi il seguito di questo post »

Il Golem di June Scialpi

       

 

        Ha proprio ragione Antonio Francesco Perozzi quando scrive: «Il secondo libro di Scialpi si muove […] nella necessità di ripensare il rapporto che si ha con se stessi e con l’altro, di entrare in conflitto con modelli ereditati e non più indossabili […] Il Golem è del resto una vera e propria reinterpretazione del mito ebraico: se la cabala parla di un gigante d’argilla al servizio dell’uomo, qui Scialpi ne fa, sì, qualcosa di plasmabile, ma anche di interiore […] Una dimensione fonda, da sondare e interrogare […], ma anche – più generalmente – quel non rappresentato, quel socialmente / psicologicamente represso, che chiede adesso, storicamente, di venire alla luce. […] Da questo posizionarsi dalla parte del taciuto e dell’emarginato si osserva già la dimensione politica del libro, che si intreccia però con quella linguistica ed estetica». Sono questi alcuni stralci dalla Prefazione. Altre mitopoiesi. Sul Golem di Scialpi (pp. I e II) al libro in poesia IL GOLEM. L’interruzione di June Scialpi (Fallone Editore, Taranto 2022), opera di folgorante consapevolezza e maturità, totalmente svincolata dall’atteggiamento narcisistico ed esibizionista che insozza molti libri di questi anni – ma June Scialpi non merita che questo mio attraversamento cominci con un tono polemico (probabilmente sterile e fine a sé stesso), sì, invece, con la sua scrittura stessa, esemplare per molteplici ragioni:  Leggi il seguito di questo post »

Su “Opera multipla” di Mariangela Guatteri

Leggi il seguito di questo post »

Mariangela Guatteri e le sue tecniche di liberazione

         Tecniche di liberazione di Mariangela Guatteri (Benway Series, 2017) non è libro pensato per una lettura diciamo così tradizionale, ma, nell’ambito di una reale scrittura di ricerca (voglio dire non millantata, non pretesa, non di maniera – perché esiste anche una scrittura sedicente di ricerca, ma manierata e conformata su risultati ormai datati), questo lavoro vuole superare in modo risoluto la convenzionalità del contenuto e della stessa forma-libro.
          Si tratta di un volume bilingue (la versione originale in italiano è stata volta in francese da Michele Zaffarano) e anche in questo caso si va ben oltre il “testo a fronte” usuale: se si apre la copertina di un bel grigio-argento recante il nome dell’autrice e il titolo italiano, ci si ritrova a sfogliare e a leggere, fino a pagina 76, un’opera costituita da brevi e brevissimi enunciati (talvolta ellittici del verbo) che scaturiscono dalle o si continuano nelle fotografie in bianco e nero (spiegherò meglio più avanti che cosa intendo dire); ma, giunti a pagina 76, si deve letteralmente rovesciare il volume di 180° e, andando rapidissimamente a ritroso, raggiungere la prima pagina che, ovviamente, si trova immediatamente dopo la copertina che reca il nome dell’autrice, il titolo in francese (
Techniques de libération) e il nome del traduttore: questo significa che, dal punto di vista del suo formato, il libro ha due prime di copertina e nessuna quarta di copertina (lo stesso dicasi del suo dorso che mostra, perfettamente allineati, ma rovesciati l’uno rispetto all’altro, i due titoli – quello italiano e quello francese).  
          Non si tratta di un giuoco gratuito, ma del senso stesso (e intendo qui senso come significato e come direzione) di quest’opera, dal momento che le tecniche di liberazione del titolo sono ed esigono di essere itinerari che scardinino la percezione abituale (indotta e condizionata) del reale, che facciano piazza pulita di 
idées reçues e atteggiamenti pregiudiziali, che vadano ben oltre la scrittura stricto sensu.  
         
Leggi il seguito di questo post »