Via Lepsius

pagine di Antonio Devicienti: concatenazioni, connessioni, attraversamenti, visioni

Tag: Dresda

E andando, sempre andando.

 

 

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Amburgo

 

1.

(Amburgo)

La luce linea sottile dal mare
s’irradia ai tetti:
le guglie
le anitre migranti
i cremisi dell’alba
sono i passi di danza delle nubi
sopra le acque di Amburgo.

Nulla somiglia a un prima
o a un dopo: tutto è qui, adesso,
tra un prima e un dopo
e l’Elba, che giunge dal cuore
d’Europa, si fa incontro al mare.

Poi
il ritorno per una strada
nel tardo pomeriggio
il ritorno nel crepuscolo
la parola-e-nome Hamburg
che riverbera sommessa e innumere
nella città d’acque.

Occorre fare tabula rasa
d’ogni arroganza, d’ogni supponenza.

Lì l’Elba, il Mare del Nord, il bianco
onde mettersi alla prova.

 

2.

(L’Elba verso Dresda)

Flessuosi giunchi innanzi a schiumante
grigio, perlacee lame di diacce onde,
la neve è desiderio nella faggeta
e variare della luce a sommesso
bisbiglio (approssimandosi s’annuncia
transito al meditante tempo, vasto
di bianco e fecondante).

Scrutare il fiume invernale frugale:
immaginare pure linee, nivee,
in musica,
disciplina da monaco dell’arte,
colazione da ciotola severa,
tacita nel silenzio fiume bianco.

 

 

Concatenazioni 4: ALTIFORNI di Bernd e Hilla Becher

A Mariangela Ruggiu, alla sua Sardegna, incontro di tradizione e modernità

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1. Fotografano stabilimenti minerari, gasometri, serbatoi dell’acqua, ponti per il manovramento dei treni, altiforni.

Fabbriche dismesse, birrifici svuotati, cartiere abbandonate da anni somigliano la solennità fascinante che si coglie allo Spasimo di Palermo o a San Galgano, a Sant’Antine, a Tarxien: edifici che accolsero esistenze umane e preghiere, sofferenza e fatica, edifici deprivati ora degli arredi, del lavoro, del rito.

Che appartengano alla modernità non importa: Bernd e Hilla Becher fotografano luoghi archeologici, li consegnano alla nostra meditazione.

2. Heine, immenso e moderno, addita la miseria del lavoro nei filatoi, negli opifici all’alba dell’industrializzazione.

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3. In sequenze bellissime Wim Wenders fa danzare gli artisti del Tanztheater di Pina Bausch tra gli edifici di vecchie miniere e sull’orlo di crateri nati dalle grandi escavazioni. Luoghi della Germania industriale, luoghi bombardati e desertificati, poi riedificati. I danzatori salgono sui vagoni della ferrovia sospesa di Wuppertal, le loro fantasie prendono vita tra le persone che vanno a scuola, al lavoro, che tornano a casa.

4. Heine, poliglotta ed ebreo, indica alla Germania e all’Europa una modernità tollerante e multiculturale. Espulso dal corpo reazionario della patria amata e odiata, da Parigi scrive versi e articoli veementi. Modernissima la sua voce, la riascolto percorrendo la trama di linee ferrate che collega luogo a luogo della Germania: doppia valenza di quei binari che avviarono al campo di sterminio e che connettono i luoghi, portano le persone ad incontrarsi.

5. Norman Foster ha progettato la nuova copertura per la Stazione Centrale di Dresda; ha usato il teflon che permette l’autopulitura delle superfici e l’attraversamento della luce la quale si diffonde negli ambienti sui e intorno ai binari con accogliente effetto di luminosità e calore; la sera e di notte la luce artificiale viene a sua volta riflessa e moltiplicata nell’interno della Stazione. Le strutture, ariose e di semplice eleganza, qualificano questo luogo quale punto d’incontro e di transito non-anonimo: questo non è un non-luogo. E c’è un senso che ciò accada qui a Dresda, nella città meravigliosa per bellezze architettoniche e paesistiche distrutta completamente dai bombardamenti alleati. La nostra modernità sa anche essere umana ed armoniosa (la copertura d’argento se vista dall’alto sembra un pendente incastonato nella pianta della città riedificata e ridà significato ad una stazione che già prima della guerra annodava gli itinerari tra Berlino e Vienna – fino a Venezia, tra Lipsia e Praga).

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6. La Germania riunificata ha voluto molte stazioni ferroviarie ripensate e rinnovate: W. G. Sebald amava spostarsi in treno, più di una stazione viene citata nei suoi libri: Stoccarda e la Stazione Bonatz, ad esempio. Densa significazione dei luoghi, nodi di memoria e storia.

A Colonia la stazione in riva al Reno sorge a ridosso del Duomo: giungervi in treno, uscire dalla stazione e lasciare lo sguardo scorrere verso l’alto, guidato dalle torri vertiginose dell’edificio sacro, guidato verso il cielo: sembra di sentirle ancora le fortezze volanti sorvolare la città, lo stridere dell’allarme aereo, i colpi della contraerea, l’urlo della devastazione. Ma quando architetti e carpentieri, scalpellini e vetrai, affrescatori e falegnami edificarono l’Opera bellissima per afflato e concordia avevano nella mente un altro cielo, altri suoni nelle orecchie dalla città operosa.

A Berlino lo Hauptbahnhof è un incrociarsi di binari a più livelli, un atto di fiducia nel futuro, un segno tracciato dentro la città non più divisa, antifascista e cosmopolita.

7. E Yannis Kounellis nella Biblioteca distrutta di Sarajevo riempie le arcate sventrate con libri, con centinaia di libri: la sua mano paziente ha posato, incastrato, spostato per una sistemazione migliore i numerosissimi volumi. Ancora risuonano nell’aria le grida delle persone ferite quando bombardavano il mercato. Obbrobrioso pensare i libri separati dalle persone che soffrono e che vengono offese: la distruzione della Biblioteca di Sarajevo volle essere un atto preciso d’odio e di disprezzo. Riempire le ferite mostruose dell’edificio con i libri è rispondere all’offesa, è portare il libro nel centro della sofferenza delle persone. Altre arcate e nicchie le riempie Kounellis di sassi, calcinacci a ricordare e a dire la distruzione.

Kounellis a Sarajevo

8. Le periferie industriali di Gabriele Basilico: qui il fotografo realizza il miracolo del silenzio contemplante edifici che conservano la solennità e la bellezza dell’operosità, luceombra bianch’e nero di officine.

9. Leggo che l’architetto Wang Shu costruisce i suoi edifici assieme alle maestranze che vi lavorano. Che ha edificato il museo di Ning Bo impastando i mattoni con i materiali di recupero, anche frammenti di tegole di quattrocento anni prima trovati in quel luogo già abitato da cinquemila anni. Che vive con la moglie in un paesino di montagna e disegna su normali fogli di carta. Che recupera modi e forme tradizionali (la casa a corte, la casa-fattoria che fa da legame tra campagna e città). Leggo che lamenta la perdita di conoscenze, sensibilità e cultura nella modernità tesa ad un nuovo senza memoria né sentimento umano.

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10. Ricopio dall’indirizzo http://www.chinese-architects.com/en/amateur quanto Wang Shu scrive per presentare il proprio gruppo di lavoro chiamato amateur architecture studio:

I design a house instead of a building. The house is the amateur architecture approach to the infinitely spontaneous order.
Built spontaneously, illegally and temporarily, amateur architecture is equal to professional architecture. But amateur architecture is just not significant.
One problem of professional architecture is, that it thinks too much of a building. A house, which is close to our simple and trivial life, is more fundamental than architecture. Before becoming an architect, I was only a literati. Architecture is part time work to me. For one place, humanity is more important than architecture while simple handicraft is more important than technology.
The attitude of amateur architecture, – though first of all being an attitude towards a critical experimental building process -, can have more entire and fundamental meaning than professional architecture. For me, any building activity without comprehensive thoughtfulness will be insignificant.

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11. Intarsio parole e fotografie. Heine, ferita aperta nel corpo della cultura tedesca, percorreva la sua Patria, ne denunciava arretratezze ed oscurantismi; aveva nella mente un’idea alta e luminosa di Germania.becher 4 Hilla e Bernd Becher fotografano la Germania che fa i conti con il suo passato, cercano l’etica del lavoro, misurano tramite l’obiettivo fotografico gli spazi della modernità.