Via Lepsius

pagine di Antonio Devicienti: concatenazioni, connessioni, attraversamenti, visioni

Mese: gennaio, 2019

(Segnalibri) La balena di ghiaccio – quarto seme – e La fanciulla tartaruga

 

 

 

 

 

La felicità di scrivere filtra anche dagl’interstizi degli scartafacci

 

ohne titel 2007

Christiane Löhr: “ohne Titel”, 2007.

 

Sia resa lode allo scrivere a mano (biro stilografica o matita), al fruscio della punta sulla carta, all’irregolarità dei margini di scrittura, al variare di cerchi, semicerchi, aste verticali e orizzontali, distanze e prossimità, sia lodata anche la frequenza dei righi cassati e dei segni a indicare anticipazioni, inversioni, posticipazioni, sia considerato e apprezzato l’indugio, amata la lentezza, anche lodata la cura nel tracciare i segni e l’ozio degli scarabocchi a margine o a pie’ pagina o a suo incipit… Sia venerata l’eclissi d’un vocabolo dietro un altro, l’incastro delle sillabe, la sbavatura degl’inchiostri, l’ombreggiature della grafite.

Ma mi chiedo anche se non sia osceno e colpevole abbandonarsi a questa felicità dello scrivere mentre le persone vengono deportate o lasciate annegare o schiavizzate nelle campagne.

Sempre mi porto dentro quest’angoscia mentre la scrittura s’accumula, inarrestabile e si distende sul foglio, sui fogli.

 

 

 

è stato il vento

 

 

Un ennesimo grazie a Mimmo Lucano e a tutti coloro che continuano a stare al suo fianco.

è stato il vento

 

 

 

 

 

Definirsi

 

 

Non nascondo la mia irritazione quando leggo, anche in interventi di “addetti ai lavori”, la parola “poeta” contrapposta a “letterato” e a “intellettuale” – in questo caso non mi riferisco, sottolineo, a quel clima instauratosi oggi in Italia e che spinge migliaia di persone a pronunciare la parola “intellettuale” con schifo e riprovazione, ma proprio a chi, parte attiva del mondo culturale, distingue tra “intellettuale e/o letterato” e “poeta”, caricando quest’ultimo termine di un’accezione del tutto positiva e senza dubbio d’infinitamente maggior valore a detrimento dei primi due termini, connotati come si trattasse di vizi e di peccati imperdonabili.
Penso che siamo in presenza d’un banale e ingenuo pregiudizio, ulteriormente inficiato dall’equazione “poeta = sincerità”, “letterato = artificiosità” (quando non “disonestà”).
Ho smesso da tempo di cullarmi nel mio personale adolescenziale desiderio di essere “poeta” (per quanto mi riguarda, non scriverò più un solo verso semplicemente perché ho finalmente capito che non è questa la strada che deve seguire la mia scrittura), ma ho compreso (e questo mi sta regalando un’energia e uno slancio che avevo perduto, una gioia inimmaginabile nello e dello scrivere) che proprio il mio amore per le humanae litterae, che da sempre mi accompagna, mi rende libero e capace di onorare e festeggiare, traverso la scrittura, la vita; sempre studiare è stato per me fonte di felicità – e oggi lo è più che mai; amo trovare nella scrittura connessioni tra vari ambiti del sapere, forgiarla per renderla il più possibile espressiva ed elegante: sono e voglio essere un intellettuale e un letterato che, curioso e profondamente convinto della propria ignoranza (non è falsa modestia, mi si creda), vuole continuare, nel solco di una plurimillenaria tradizione, a studiare e a scrivere profondamente permeato da questo studio: ma non si contrapponga, per cortesia, il poeta al letterato – entrambi servono la causa della cultura e di un umanesimo che vuole resistere dentro un oggi violento e antiumano.