Per un omaggio a Sylvano Bussotti
Enrica Dorna ha fondato e anima con passione (che non ha bisogno della ridondanza degli aggettivi per essere definita) la Casa Editrice torinese Coup d’idée; sarebbe più corretto parlare della molteplicità d’interessi che Enrica Dorna coltiva, all’interno dei quali si pone il suo amore per la poesia e per i libri anche in quanto creazioni d’arte e proprio tale poliedricità l’ha portata a ideare per la sua Editrice prima la collana di poesia “La Costellazione del Cigno” e, più recentemente, la collana “In Dies”, la cui prima uscita è Prose, poesie e sonetti del Maestro Sylvano Bussotti.
Il punto di partenza è sempre il medesimo: Enrica Dorna sceglie opere d’indiscutibile valore stilistico e intellettuale che poi trovano in volumi elegantissimi, curati in ogni particolare, la maniera migliore per giungere tra le mani di lettori esigenti da ogni punto di vista. Altro luogo di partenza è il rapporto personale che Enrica imbastisce o già da tempo ha con l’autore o l’autrice, perché ella sa che dietro ogni libro c’è una persona e una storia, una vita e che l’energia che percorre ogni scrittura di valore è generata per virtù di stile, d’idee e d’umanità.
Succede allora che il rapporto d’amicizia con Sylvano Bussotti prenda corpo anche in un volume di squisita fattura come questo di cui con piacere scrivo: il Maestro ha infatti affidato alla cura di Enrica Dorna un suo diario-quaderno-collage ch’egli stesso ha letteralmente costruito, rilegato e scritto con le proprie mani e Coup d’idée pubblica, grazie alle perfette riproduzioni fotografiche di Francesco Cerchio (per esempio: sul recto di pagina 81 è stata riprodotta una macchia evidentemente presente nell’originale), all’impaginazione di Riccardo Penna e al progetto di copertina di Bruno Sacchetto, la fedele restituzione di quest’opera di Sylvano Bussotti. Il Maestro ha infatti ritagliato da carta per pacchi diverse decine di pagine che ha legato insieme a formare una sorta di quaderno che ha poi racchiuso in una copertina completamente nera; il più delle volte sul verso di ogni foglio ha scritto, con grafia elegantissima e limpida, i testi per questo suo lavoro, numerandone con cura le pagine e annotandovi in calce luogo e data di composizione (o di ricopiatura) del singolo testo.
Non desti meraviglia tutto questo: fin dall’inizio della sua attività artistica Sylvano Bussotti si è dedicato anche al disegno, alla grafica, alla pittura, i suoi spartiti musicali sono essi stessi, spesso, un luogo nel quale disegno e notazione musicale, costruzione dello spazio e scrittura s’intersecano, si attraversano, dialogano, si dispiegano; e mi piace qui, su Via Lepsius, e ne approfitto proprio scrivendo di Bussotti, ricordare almeno l’alta figura di Aldo Braibanti, cui Bussotti fu legato, tra l’altro, nell’esperienza comunitaria del torrione Farnese di Castell’Arquato e del quale il Maestro toscano ha spesso inserito dei versi nei propri lavori musicali, ma tantissimi altri nomi sarebbero da citare, tutti legati a un émpito di rinnovamento dell’arte e della società, tutti convintamente antifascisti e libertari – e scrivo questo perché in Prose, Sonetti e Poesie proprio la felice e sbrigliata giocosità, l’acceso e libero e celebrato erotismo, la danzante andanza del linguaggio, del lessico, del ritmo, l’armonioso disporsi dei testi nello spazio della pagina (l’autore decide, di volta in volta, se lo sfondo della pagina debba restare quella del colore e dell’allinearsi tipico delle fibre di cui è costituita la carta per pacchi o diventare il bianco di un sottile foglio di carta incollato o addirittura e sovente la vasta campitura del bianchetto) costituiscono un vero e proprio Leitmotiv capace di guidare a un attraversamento del libro, attraversamento che può rivendicare per sé, a sua volta, la più totale libertà: ma questo non esclude che il Maestro faccia spesso ricorso a forme chiuse (quella del sonetto o della quartina, appunto), alla rima e all’endecasillabo, in un ideale rispecchiamento della sua arte musicale, costituita di libertà estrema e di richiamo alla tradizione, di giocosità e di severa costruzione architettonica; opere come questa che ci troviamo, felici, a sfogliare e a centellinare e che catturano la mente liberandola (oh verità dell’ossimoro e del paradosso!), ci restituiscono a uno spazio dell’arte e nell’arte in cui libertà e gratuità accompagnano i giorni, ricordandoci che esistere dovrebbe essere, anche, cercare accesso a livelli superiori di coscienza e quindi di creatività.