Via Lepsius

pagine di Antonio Devicienti: concatenazioni, connessioni, attraversamenti, visioni

Mese: marzo, 2023

Cime gemelle e altro: “Gli anni” di Jamie McKendrick

       

 

        Coup d’idée di Enrica Dorna pubblica Gli anni di Jamie McKendrick in un’elegantissima edizione capace di donare piacere anche al tatto e alla vista, non soltanto alla mente che legge: 15 illustrazioni sono accostate a 15 poesie, ma, come giustamente scrive lo stesso McKendrick, il termine “illustrazione” rischia di far pensare a un ruolo subalterno rispetto al testo in versi, là dove il desiderio di McKendrick – che è, nello stesso tempo, poeta e pittore, quindi autore anche delle immagini – è che queste ultime vengano percepite e godute su un piano di pari dignità e significato rispetto al testo scritto; da parte mia parlerei di 15 dittici in ciascuno dei quali l’immagine e il testo si trovano in interscambio costante, in una continuità del gesto estetico e del portato concettuale e del moto stilistico che conducono a una lettura sia verbale che visiva (ma anche tattile, visto il piacere che donano la qualità della carta stessa e il volume quando lo si tiene tra le mani, lo si apre, lo si sfoglia…)  Leggi il seguito di questo post »

Il giardino di Teofrasto / der Garten des Theophrast

                    Meinem Sohn

Wenn mittags das weiße Feuer
Der Verse über den Urnen tanzt,
Gedenke, mein Sohn. Gedenke derer,
Die einst Gespräche wie Bäume gepflanzt.
Tot ist der Garten, mein Atem wird schwerer,
Bewahre die Stunde, hier ging Theophrast,
Mit Eichenlohe zu düngen den Boden,
Die wunde Rinde zu binden mit Bast.
Ein Ölbaum spaltet das mürbe Gemäuer
Und ist noch Stimme im heißen Staub.
Sie gaben Befehl, die Wurzel zu roden.
Es sinkt dein Licht, schutzloses Laub.




Figlio mio,
quando a mezzogiorno il fuoco luminoso
dei versi danza al di sopra delle urne,
ricorda, ricordati di coloro
che un tempo piantumarono conversazioni come alberi.
Morto è il giardino, s’appesantisce il mio respiro,
conserva e difendi quest’ora: qui veniva Teofrasto
a concimare il terreno con sminuzzata scorza di quercia,
a fasciare con la rafia la corteccia ferita.
Un olivo sgretola il muro marcito
e parla ancora una voce nella polvere caldissima.
È giunto l’ordine d’estirparne le radici.
Ecco: crolla la tua luce, o pianta indifesa.

         Quando nel 1962 il poeta Peter Huchel, caporedattore della rivista Sinn und Form, fu costretto dal governo della DDR ad abbandonare il proprio incarico, pubblicò nel secondo numero della rivista (l’ultimo da lui diretto) di quell’anno ’62 un gruppo di sue poesie che erano al tempo stesso un congedo da Sinn und Form e una trasparente critica al sistema politico e culturale della Germania Est; uno dei testi più espliciti e commoventi s’intitola “Il giardino di Teofrasto” che propongo nella versione originale e nella mia traduzione.

         Peter Huchel, caporedattore fin dal 1949, portò Sinn und Form a diventare una rivista prestigiosa a livello internazionale, ma le sue posizioni poco accomodanti e spesso critiche nei confronti del regime lo resero inviso all’apparato politico e culturale della DDR fino a costringerlo alle dimissioni. Nei decenni successivi e anche dopo la riunificazione della Germania Sinn und Form si è confermata rivista prestigiosa e luogo d’incontro e di confronto dei migliori intellettuali e scrittori internazionali (non solo tedeschi).

         Nelle ultime settimane una sentenza giudiziaria impedisce a Sinn und Form di essere pubblicata, in quanto, secondo l’accusa formulata dalla rivista Lettre international, Sinn und Form, edita dall’Akademie der Künste di Berlino, riceve sovvenzioni statali in violazione della libera concorrenza e del libero mercato. Ovviamente la polemica e la discussione sono molto accese in Germania e gli ulteriori sviluppi della vicenda restano imprevedibili.

        Per la mia sensibilità di lettore e di appassionato germanista i versi di Peter Huchel sembrano assumere una nuova attualità – non è più un regime totalitario, ma il totalitarismo dell’economia e della finanza (ormai unico parametro di giudizio, sembra, in ogni ambito del vivere umano) a decidere il destino del libero dibattito e della letteratura.

Anteprima editoriale: “Sentieri. Saggi e racconti sul corpo della scrittura” di Antonio Devicienti

         Esce ad Aprile 2023 il secondo titolo della collana I Labirinti ConcentriciSentieri. Saggi e racconti sul corpo della scrittura di Antonio Devicienti.

         Qui se ne può leggere la presentazione sul sito dell’Editore Fallone.

         Ringrazio Enrica Fallone che con impagabile generosità ha voluto e seguito il farsi di questo libro.

Su due libri di Gianluca Virgilio

       

 

          È mio dovere premettere che sono ben consapevole che andrò a usare termini non proprio rigorosi in sede critica e che i due libri di cui vado a scrivere mi coinvolgono non poco a livello personale – non che non sia stato così anche per quelli di cui ho scritto negli anni, ma questa volta il mio coinvolgimento è dovuto, tra l’altro, a un motivo generazionale: Zibaldone salentino (Edit Santoro, Galatina 2020) e Infanzia salentina (Edit Santoro, Galatina 2019) di Gianluca Virgilio potrebbero essere benissimo il racconto della mia infanzia e della mia giovinezza salentine, almeno per quel che riguarda certi sentimenti, certe percezioni, una temperie psicologica e culturale che è anche la mia; Gianluca propone riflessioni e narra fatti nei quali mi riconosco totalmente, che toccano il mio vissuto e la mia memoria.

          La cordialità è uno dei tratti distintivi di questi libri, un atteggiamento cioè di umana partecipazione e comprensione e il desiderio, semplice e diretto, di coinvolgere il lettore in una storia amata e il cui portato continua ad arricchire il presente. La conseguenza è uno stile piano e chiaro, capace di non perdere mai di vista l’obiettivo che è quello di farsi leggere con piacere e, appunto, con partecipazione.  Leggi il seguito di questo post »

Le diramazioni della scrittura (su “Statue linee” di Marco Giovenale)

       

 

          In Statue linee (gipsoteca (errori (diramazioni [ 2002 / 2022] (pièdimosca edizioni, Perugia 2023, Collana “glossa” curata da Carlo Sperduti) Marco Giovenale compone e raccoglie testi che direi essere stati scritti con ironia, ferocia e giocosità – la scrittura di ricerca prende anche l’aspetto di testi come questi nei quali, rispetto alle forme tradizionali di prosa (quelle, per intenderci, che vanno incontro a un gusto diffuso – e omologato e quelle verso cui e a cui pressoché tutti i potenziali futuri lettori vengono spinti e resi avvezzi dalla scuola), le ambiguità, le antinomie, le aporie, gli scarti di senso insiti nella lingua stessa e nella sua sintassi fanno imboccare sentieri inattesi che conducono a testi ironici perché è questo uno dei modi con cui Giovenale prende distanza dalla suddetta tradizione, criticandola e dimostrandone la risibile, intrinseca debolezza; si tratta di un processo che non ammette pietà, che è inteso ad additare l’inanità di tante prove perfettamente a loro agio nella sovrabbondante produzione mainstream, da qui la ferocia cui pensavo, il non voler lasciare spazio ad alcun compromesso, ad alcuna concessione a paradigmi di scrittura obsoleti e quindi inefficaci a rivelare sensi e significati; Giovenale gioca con la sintassi e con il lessico, con le categorie della denotazione e della connotazione, gioca in maniera molto seria perché le sue statue linee vengono erette e tracciate anche contro un linguaggio e contro tipi di scrittura compromessi con un sistema di potere (editoriale e latamente politico) che Giovenale da sempre rifiuta.  Leggi il seguito di questo post »